Employer Branding: importante non solo in fase di acquisizione ma durante l’intero processo di selezione
Talent Acquisition | 06.04.2020
Siamo abituati a ragionare sul concetto di Employer Branding, svincolato dal fatto che rappresenti un’azione contingente ad un’attività di recruiting o che sia – in un’ottica più strutturata – un elemento strategico del processo di talent acquisition.
L’Employer Branding è in realtà tutto questo e molto di più.
L’esperienza che facciamo vivere al candidato, sia in termini di UX che in termini di engagement, è amplificata dall’aspetto emotivo.
Questo perché un candidato che entra nell’iter di selezione in modo consapevole è totalmente coinvolto nel processo; un’occasione quindi in cui non solo ci giochiamo la selezione del miglior profilo professionale (in termini di hard e soft skill) ma anche del miglior veicolo di comunicazione verso l’esterno.
La ricerca e selezione si configurano (per canali e modalità di comunicazione) sempre più come attività di marketing.
Facciamo un esempio concreto e rapportiamolo su noi stessi: ipotizziamo di essere in un iter di selezione per cui, alla fine, non verremo scelti. Se abbiamo ricevuto un feedback adeguato, se durante il percorso abbiamo potuto utilizzare strumenti innovativi che hanno saputo dare un concreto valore aggiunto, se ho avuto confronti costruttivi, se ho la percezione che i miei dati siano stati gestiti con cura e se la relazione è sempre stata positiva, anche dopo un “rifiuto”, potremmo diventare un importante veicolo di comunicazione per quel brand, perché l’esperienza complessiva è stata comunque positiva.
Un aspetto questo che può sembrare banale ma spesso purtroppo i candidati si trovano a vivere l’esperienza opposta. Questo perché si investe in attività di raccolta di profili per creare data base CV, e formare i migliori talent pool, ma poi non si danno risposte e/o feedback dopo le candidature.
L’esempio classico sono i career day: grande investimento di tempo e risorse, raccolta massiva dei CV e alla fine nessuno dei presenti riceve la più banale delle risposte: grazie per esserti iscritto.
Ma gli esempi negativi possono essere tanti:
- vi viene richiesto di fare una serie di test per le soft e le hard skills ma siete costretti ogni volta a registravi sulla nuova piattaforma dove svolgete i questionari=pessima user experience del candidato;
- ultimamente va molto di moda l’utilizzo di video interviste automatizzate – quelle in differita – ma anche qui, se il sistema che si utilizza non è integrato nel software, il candidato continua a percepire poca attenzione da parte dell’azienda che richiede un dispendio di tempo in attività di data entry;
se le informazioni del candidato non vengono gestite all’interno di un recruiting software con una gestione completa e unitaria di tracking, valutazioni e attività, il rischio è che durante i colloqui di selezione (condotti da persone diverse) il candidato sia costretto a rispondere alle medesime domande, senza percepire una reale progressione rispetto agli step precedenti; - se i feedback comunicativi non sono adeguati, anche in via automatizzata, il candidato avrà costantemente una sensazione di abbandono, di scollamento.
L’employer branding di processo si affronta adottando soluzioni tecnologiche adeguate – capaci di fornire un notevole apporto, anche procedurale – ma soprattutto sviluppando una visione strategica d’insieme dell’intero processo di talent acquisition.
Difficilmente potremo avere buoni risultati in attività di Employer Branding se agiamo in modo contingente e non strategico.