Talent Acquisition, Recruiting ed Employer Branding: differenze e applicazioni
Talent Management | 23.05.2020
Talent acquisition, recruiting ed employer branding sono termini che vengono spesso accostati e talvolta utilizzati alla stregua di sinonimi; si tratta tuttavia di discipline ben distinte, sia per gli obiettivi che perseguono, sia per gli strumenti che utilizzano.
In questo articolo non vogliamo limitarci a fornire delle definizioni didattiche, ma entrare nel merito di ciascun termine, fornendo degli esempi concreti.
Talent Acquisition: cos’è e perché è così importante?
Quando parliamo di Talent Acquisition ci riferiamo ad una strategia complessiva a lungo termine, volta ad attrarre competenze e talenti, con lo scopo di avere a disposizione una talent pool di qualità.
La domanda è: attualmente, abbiamo questa talent pool a disposizione? Una risposta positiva prevede verosimilmente la pianificazione di una strategia a monte del processo di reclutamento; se così non fosse, ci troveremmo di fronte ad attività di recruiting one-shot e non misurate, condotte in assenza di driver strategici definiti.
La Talent Acquisition rientra per definizione all’interno di un processo più ampio di trasformazione digitale del settore HR.
Si tratta di due sfere che devono, per necessità, essere in simbiosi tra di loro e mantenere un flusso comunicativo costante; la connessione e l’integrazione di tutta la filiera è fondamentale in un processo di trasformazione digitale (le singole sotto-strategie non possono vivere di vita propria).
Un esempio concreto? Pensate ad una strategia di Talent Acquisition che comprende l’utilizzo di un ATS, che non è in grado di comunicare con l’HCM aziendale. Questo comporterebbe un’enorme dispersione di informazioni e una conseguente non ottimizzazione dei processi.
Recruiting: tra definizione ed esempi concreti
Il recruiting è un’azione contingente: ho bisogno di una o più professionalità, apro una ricerca, seleziono i profili in linea e termino il processo.
Da un punto di vista teorico la differenza sostanziale tra Recruiting e Talent Acqusition è che la prima è si svolge in un tempo definito e pianifica attività a breve termine, la seconda si riferisce ad un processo continuativo che si articola nel lungo periodo.
Anche in questa circostanza, le due entità non possono essere considerate in modo separato. Il rischio è quello di mettere in campo attività di recruiting one-shot, – slegate le une dalle altre – in risposta a un bisogno contingente, che, se anche ben strutturate, non danno continuità né valore aggiunto alla mia strategia complessiva di acquisizione dei talenti.
L’esempio più classico? I career days. Ipotizziamo di organizzare un career day per l’apertura di un punto vendita – attività di recruiting contestuale a un bisogno contingente – e di raccogliere manualmente i CV cartacei dei partecipanti. Un modus operandi consolidato e apparentemente funzionale; se non si considera però l’eventualità in cui, in un futuro, dovessi avere bisogno di altri profili dopo l’apertura del mio punto vendita.
Nella migliore delle ipotesi dovrei riguardare i CV dall’inizio, contando su una buona memoria dei recruiter e un’ottima organizzazione dei fascicoli (registrando comunque una notevole perdita di tempo e risorse); altrimenti, dovrei ricominciare da zero l’attività di ricerca.
Employer Branding: “non è oro tutto ciò che luccica”
L’Employer Branding include attività di breve periodo e strategie a lungo termine. Si tratta della capacità di far percepire attrattiva la propria realtà al fine di spingere le persone a volerne fare parte.
Se pianifichiamo le nostre azioni in modo strategico, considerando tutti i fattori coinvolti e ponendoci degli obiettivi precisi, stiamo facendo Employer Branding; al contrario, affiancarle semplicemente a un’attività contestuale di recruiting, rischia di ridurre l’efficacia dell’intero processo.
Vediamo anche in questo caso un esempio concreto: le piattaforme per il video recruiting sono ormai inflazionate; funzionali alla singola attività di reclutamento, contribuiscono indubbiamente a creare un employer branding positivo. Tuttavia se queste attività non vengono inserite all’interno di uno strumento capace di gestire l’intera filiera (come un data base CV), rischiano di essere non strutture e ripetitive (nel senso negativo del termine).
Lo stesso problema potrebbe presentarsi in un’attività di multiposting. Anche il multiposting infatti ha una duplice utilità: da un lato è funzionale al processo di recruiting e dall’altro è molto utile come azione di employer branding. Se però l’attività di multiposting non può contare sulla solidità di un software HR, il rischio è che le candidature ricevute rimangano sparpagliate nei diversi portali per il lavoro e debbano essere raccolte e processate singolarmente dal recruiter. Un’attività quindi non ottimizzata e che non rientra all’interno di un planning strategico.
In conclusione, l’assenza di strategia nelle attività non le rende fini a se stesse, ma implica un aumento di lavoro e di risorse necessarie perché possano acquisire valore.
Al contrario, la conseguenza diretta di una buona strategia è la crescita del patrimonio dell’organizzazione.
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